Ho sempre sognato il Giappone,
sin da bambino
Un giorno, di ritorno da scuola, dissi a mia madre: “Mamma, io voglio vivere in Giappone”.
Avrò avuto all’incirca sei anni o giù di lì. Ricordo che lei, probabilmente colta un po’ alla sprovvista dalla mia dichiarazione improvvisa, mi assecondò sorridendomi con indulgenza.
Oggi, parecchi anni più tardi, siedo al tavolo della cucina e getto un’occhiata distratta fuori dalla finestra, il portatile perennemente aperto sul lavoro di traduzione del momento. Davanti a me il susseguirsi irregolare di imponenti palazzoni anni ’70 e grattacieli di ultima generazione incastrati a forza tra le casette decrepite di inizio secolo. Un angolo di Tokyo come tanti altri, che però è speciale perché da anni chiamo casa. Mi perdo in questo panorama a tratti così distante e contemporaneamente incredibilmente famigliare, al punto da smarrire quasi la cognizione dello spazio-tempo. Ripenso un attimo a mia madre. Se solo all’epoca avesse saputo come sarebbe andata a finire, chissà come avrebbe reagito quella volta.
Non posso dire assolutamente di essere cresciuto sentendo parlare di Giappone in famiglia, né dai miei genitori, né da qualcun altro nelle immediate vicinanze. Nessuno mi ha palesemente invogliato a intraprendere questa via anche se, col senno di poi, ogni tanto mi capita di domandarmi se la stampa vintage in stile ukiyo-e appesa al muro dell’ingresso raffigurante due donne giapponesi in kimono abbia in qualche modo inconsciamente influito sulle scelte del sottoscritto.
Quel pomeriggio assolato di prima elementare annunciai candidamente il mio futuro, con il fuoco negli occhi e l’ingenua determinazione di cui solo i bambini sono capaci. La vita ovviamente mi ha portato lungo sentieri inattesi e improbabili, alimentando il me adulto di tanti altri sogni e prospettive. Tuttavia nonostante i vari giri di boa e le mirabolanti sterzate, gli innumerevoli incidenti di percorso e i cambi di programma, oggi sono qui. Guardo fuori dalla finestra del mio appartamento di Tokyo, e racconto al piccolo Loris dentro di me che ce l’ha fatta. Ha vinto lui alla fine.
Vivo a Tokyo in pianta stabile dal 2012 e lavoro come traduttore e interprete.
Specialmente all’inizio della mia carriera da traduttore, ho avuto modo di mettermi alla prova in diversi ambiti spaziando dal marketing al settore legale, passando per la saggistica e alcuni testi più rigorosamente tecnici e scientifici. Attualmente mi occupo quasi esclusivamente della traduzione di romanzi e narrativa. E lo faccio sempre con estrema passione.
I servizi di interpretariato fanno invece principalmente riferimento all’assistenza di cui un’azienda (o il singolo imprenditore) ha bisogno quando arriva per la prima volta in Giappone per iniziare o consolidare un business, o per partecipare a una fiera, un evento, ecc. Ovviamente un interprete potrebbe tornare utile in moltissime altre circostanze: non esitate a chiedere!
Essendo un inguaribile amante dei viaggi, ho deciso inoltre di unire questa passione con la mia conoscenza del Giappone e della sua meravigliosa cultura e così, tra la traduzione di un libro e il supporto a una fiera, accompagno anche gruppi turistici (o singoli avventurieri) alla scoperta delle meraviglie di questo luogo fantastico.
Negli anni ho avuto modo di visitare angoli anche remoti del Paese, e amo condividere questi capolavori con degli appassionati alla ricerca di un’esperienza tutt’altro che mainstream.
All’occorrenza realizzo anche percorsi e itinerari personalizzati.